All' OMMA Social di New York si è levata qualche voce critica nei riguardi del viral marketing. Greg Verdino*, Adam Broitman* e David Berkowitz*, in maniera più o meno colorita hanno dichiarato di non sopportare l'aggettivo "viral" associato alla comunicazione.
L'impressione che serpeggia da qualche tempo trova le sue conferme: come tante cose il viral era ottimo (e funzionava) nelle sue prime apparizioni (questo rimane il mio preferito fra i video). Poi si è inflazionato, proposto come l'uovo di colombo dalle agenzie senza pensare al target, al prodotto, a cosa era meglio comunicare.
Ragionando, per funzionare un viral deve soddisfare almeno una o più delle seguenti caratteristiche:
- aumentare le vendite
- aumentare la brand awareness (scusate l'inglese, ma a quest'ora la traduzione italiana mi prenderebbe tre righe)
- stimolare la conversazione
Ho grossi dubbi che i viral che spuntano come funghi diano un vantaggio competitivo su uno dei tre punti qui sopra. E' già difficile comprendere i meccanismi secondo cui un virale si diffonde, figuriamoci controllarli e replicarli.
Magari è più utile proporsi sul mercato, ascoltare, rispondere, condividere, e se un'idea è veramente buona, il viral-buzz-wom partirà da solo, e funzionerà perchè generato dalle persone, non dalle aziende.
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Foto di Marshall Astor
P.S: ma le dieci visite di ieri dalla Grecia di chi erano? Curiosità da blogger novello...
martedì 24 giugno 2008
Il vaccino contro i virali
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