martedì 12 dicembre 2017

Differenziarsi vuol dire fare cose diverse. E ci vuole un po' di coraggio...

Anni di

"PH neutro"

"aromaterapia"

"antibatterico"

"1/4 di crema idratante"

"vellutante"

"elastina per pelli sensibili"

"prodotto erboristico"

"profumo sensuale"

Poi arrivano loro:



E fanno -con ironia- quello che le aziende stanno cercando di fare da qualche anno: non provocare un'emozione nella persona, ma giocare con quell'emozione che la persona prova durante l'utilizzo.

E ci riescono davvero bene. E' lo stesso concetto che portò Ducati a mettere sulle etichette dei giubbotti non il logo, ma le immagini dei tifosi urlanti durante la gara.

Trovate il modo di giocare col marketing in modo diverso, fuori dai soliti schemi. Copiate da altri settori, sperimentate materiali e messaggi. Poi controllate, misurate, correggete e ricominciate.

Differenziatevi più che potete, perché ho già sulla scrivania 3 calendari con -più o meno- le stesse foto. Il quarto lo butto, giuro :)


Disclaimer: l'azienda che produce il sapone della foto è la Paolo Chiari di Firenze. Fanno tante cose, tutte diverse, ma riescono a tenere sempre un coerenza fra i prodotti che è difficile trovare di questi tempi. Bravi. Ah, non li conosco, non ho mai avuto contatti con loro, e il sapone l'ho comprato :)



sabato 9 dicembre 2017

Le confezioni natalizie, meglio sono -fatte- più funzioneranno

Ormai è chiaro: Natale, San Valentino, Halloween, e tutte le altre feste non cominciano quando lo dice il calendario, ma quando lo decidono gli uffici marketing. In quest'ottica questo post potrebbe essere un po' in ritardo, ma confido che la piccola media azienda italiana proprio in questi giorni stia correndo ai ripari perché "per Natale non abbiamo ancora pensato a niente"...


Quindi visto che il post su come fare gli auguri per email è ancora uno dei più letti dia gusto blog, proviamo a seguire lo stesso filone, e parliamo di...

"Il packaging nei punti vendita"

Parliamo di scatole, borse, confezioni con il nome dell'azienda sopra, che i negozianti si vedono recapitare da settembre in poi. Una volta erano gratis, ora sono legate ad un "ordine natalizio", ma sono comunque sempre in quantità industriale.

Lo scopo dell'azienda è uno: che vengano utilizzate il più possibile, e che facciano bella mostra per le vie del centro città nei giorni dello shopping natalizio.

Bene: questo succederà solo se i negozianti ed i loro dipendenti le useranno. E su questo non avrete alcun controllo. Unica cosa è rendergli facile la vita.

Il packaging è azzeccato → il commerciante lo usa → l'operazione funziona

Chiaro no?

Ora, come deve essere un packaging per funzionare?

- La dimensione deve essere adeguata: grande abbastanza per il prodotto che deve contenere, non troppo grande per essere di intralcio al commerciante. Quindi de una borsa deve essere grande, consegnatela al punto vendita piegata, in modo che sia facilmente gestibile prima dell'utilizzo.

- Confezionate le confezioni (amo i giochi di parole) in parti, in modo che dal magazzino possano facilmente essere spostate alle casse.

- Fate cose facili da usare. L'ultima volta che mia moglie è stata dal parrucchiere ha ricevuto una borsa di una nota marca di prodotti per capelli. In un sabato sera a negozio mezzo vuoto il negoziante ha impiegato 3 tentativi in almeno due minuti per chiuderla. Immaginatevi cosa sarebbe successo in un giorno di negozio pieno. Gente che aspetta? No, semplicemente il negoziante avrebbe scelto un'altra busta...

- ideate una confezione riconoscibile. anche da lontano, anche di sfuggita. Se usate i colori ricordate che sotto Natale tutti i packaging saranno rossi. Se potete puntate sulla forma della confezione, ma inevitabilmente saliranno i costi.

- Fate sì che sia riutilizzabile: oltre ai motivi ambientali, il vostro marchio probabilmente passeggerà un po' di più per le strade, o rimarrà di più nelle case dei clienti.

- Fatelo bello. Sembra scontato, ma non accontentatevi. Collaborate con professionisti bravi, valutate più proposte, non abbiate paura di sperimentare idee nuove.

Quindi se ancora non vi siete preparati alle feste, speriamo che questa manciata di consigli vi sia utile. Oppure potete riciclarla per un'altra ricorrenza nell'anno. In ogni caso, in bocca al lupo!

martedì 28 novembre 2017

Che il Black Friday ha poi un po' rotto eh...

E' passata la settimana del Black Friday, che per le aziende è l'equivalente di halloween per un diciottenne: non sai bene cosa sia, ma qualcosa dovrai pur fare altrimenti sembri un poveretto...

Innanzi tutto: non è obbligatorio fare qualcosa: gli sconti funzionano bene quando sei l'unico a farli: funzionano ancora meglio quando sono motivati da qualcosa di unico, personale.

Preferisco una promozione legata ad un anniversario aziendale. Meglio ancora qualcosa legato al singolo cliente. Un anno dal primo ordine? 10 anni di collaborazione? Scegliete voi, accendete la fantasia e inventatevi qualcosa. Più è personale, più funzionerà.

Seguire il Black Friday, il capodanno cinese, la presa della Bastiglia sarà anche facile per chiunque abbia un calendario. Ma come tutte le cose facili, difficilmente funzionano.

Distinguetevi e personalizzate il più possibile. E anche se non farete nulla per il Black Friday non sarà un problema: la prossima occasione potrete crearla voi :)

venerdì 3 novembre 2017

...e agli espositori per i punti vendita chi ci pensa?!?

Tema espositori: sembra niente ma nasconde un bel po' di temi, sia dalla parte dei punti vendita che da quella delle aziende.


Cominciamo dai punti vendita che sono poi quelli che l'espositore se lo trovano in negozio ogni mattina.

L'idea da ricordare è una: "fatturato per metro quadro". Un espositore in un negozio deve vendere, altrimenti va sostituito con un altro che renda.

Ok, ci sono le marche che servono all'immagine del punto vendita, quelle che completano l'offerta, ma alla fine lo spazio è limitato, e ogni metro deve concorrere al fatturato.

Una marca vende? Magari merita più spazio, o forse è meglio mettere in evidenza quella che non vende ancora per provare a valorizzarla? Non c'è una regola, o forse sì: sperimentare.

Spostate, rinnovate, eliminate, aggiungete, fate ruotare i prodotti fino a quando non troverete il giusto assetto, che per ognuno è diverso.

A questo punto: possibile che un'azienda nello scegliere un espositore non consideri questo aspetto?

Mettete i vostri clienti in condizione di posizionare al meglio il vostro prodotto. Fate un espositore piccolo, ma modulare: in ogni negozio riuscirete  prendervi il maggior spazio possibile senza disturbare il lavoro.

Poi tenete a mente tutte le solite regole: la merce ad altezza occhi, il marchio visibile, la riconoscibilità. Ma che tutto questo non vada a creare un baraccone posizionabile solo in mezzo ad un ipermercato.

Personalmente preferisco che il cliente possa scegliere cosa posizionare sull'espositore, ma a seconda dei caso possono andare bene anche soluzioni "chiuse": per esempio quando abbiamo un ordine già definito da far acquistare al negoziante. Un pacchetto di prodotti già deciso che si porte dietro il proprio espositore. Ma questo è uno dei mille casi in cui marketing e commerciale viaggiano appaiati,   anzi sovrapposti.

Ultima cosa, ma fondamentale: per quanto possiamo personalizzare il nostro espositore, renderlo unico, rimarrà sempre il rischio che il negoziante ci piazzi sopra i prodotti di un'altra azienda, magari concorrente. Ho visto espositori con nomi cambiati, addirittura riverniciati...

In questo l'unica soluzione sarà il presidio del punto vendita: il controllo della situazione nel tempo ed il riassortimento dei prodotti man mano che vengono venduti. Anche perché un espositore che fa vendere ed è sempre completo difficilmente verrà messo da parte...

*La foto non rappresenta l'espositore tipo, lo so... ma ha una sua poesia secondo me... :)

martedì 31 ottobre 2017

Scegliersi i clienti i giusti

Spesso si parla di come scegliere un agente, un collaboratore. Molto meno si parla di come scegliere i clienti.

Nella maggior parte dei casi sono i clienti a scegliere l'azienda, raramente il contrario. Quindi in sostanza non si cerca di controllare la scelta dei soggetti da cui dipende il futuro della nostra struttura.

Abbiamo -o lavoriamo per- un azienda che ha un'immagine ben precisa, un suo posizionamento. O sta cercando di raggiungerlo. E' fondamentale scegliere i clienti che ci permettano di farlo.

Non si parla di clienti che pagano o meno: si tratta di clienti che abbiamo l'immagine e la struttura adatte a promuovere e vendere il nostro prodotto.

Un'azienda che punta su grosse quantità e prezzo basso non sceglierà lo stesso punto vendita di chi sta provando a piazzarsi nella parte alta del mercato.

Senza nessun giudizio di merito: dovranno rivolgersi a clienti diversi.

Quindi la prossima volta che sentite chi si lamenta perché i suoi clienti vogliono più sconto, o pagamenti più lunghi, o perché non vendono, potrebbe anche darsi che quelli non siano i clienti giusti per il prodotto che vogliamo vendere.

Posizionamento - prodotto - clienti: scegliere in modo proattivo chi presenterà al mercato la nostra azienda è fondamentale per raggiungere gli obiettivi che ci si prefigge.

Del resto se vogliamo fare una regata intorno al mondo dopo esserci allenati ed iscritti, lasceremmo scegliere a qualcun altro la barca da utilizzare?

lunedì 30 ottobre 2017

Il marketing è numeri e statistiche

Questo è il periodo più caldo dell'anno. Una congiunzione astrale fra gli ultimi mesi e Gennaio che si avvicina, fanno sì che commerciale e marketing siano "leggermente" sotto pressione.

Devi raggiungere il target dei quest'anno.


Devi pianificare il prossimo.

Un incubo.

Ma mai come in questi mesi risulta chiaro che il marketing è fatto di numeri e statistiche. Perché se non parti da questi, qualsiasi azione futura sarà un salto nel buio.

Una fiera, un catalogo, un evento, anche un singolo post su Facebook dovrà venire da una cavolo di strategia. E quella strategia per avere un fondamento si deve appoggiare su numeri e statistiche.

Poi avremo tempo di discutere se la copertina del catalogo debba essere arancione, se lo stand debba avere una o più entrate, se il post su Facebook debba avere un video o una foto.

Ma le statistiche dell'anno prima, confrontate con quelle degli anni precedenti, spezzettate fino all'ultima linea di prodotto, ci daranno un sentiero da seguire:

Su quale prodotto investire e in quale periodo dell'anno

Quale sarà il momento migliore per presentare un prodotto nuovo, o applicare uno sconto

Quando fare una promozione e quando...

Scegliete voi, le risposte che si possono avere sono tante.

Quindi quando vi chiedono se aprire una pagina Facebook, se investire in una fiera, o qualsiasi altra cosa vada sotto la parola "marketing", io faccio sempre la stessa cosa: parto dai numeri...

domenica 27 settembre 2015

C.A.C.C.A., il Comune di Bologna, e l'arte di disorientare i follower

Quello che all'università chiamerebbero un "esempio che fa scuola". In breve: il Comune di Bologna annuncia su Twitter l'apertura del "Centro per Arte Contemporanea di Cultura Alimentare". Lo fa su Twitter, così:


Le polemiche sono esplose prima su Twitter:



Poi sulla stampa, cartacea e non: il Giornale, TGcom24, il Corriere di Bologna (che si limita a riportare le critiche), la Repubblica (che dà, freddamente, la notizia, pur titolandola "A Bologna il cibo è C.A.C.C.A.").

Delirio sull'acronimo insomma, ma scavando a tutto c'è un motivo. Si tratta di una provocazione di Panem et Circensem, collettivo bolognese che col progetto C.A.C.C.A. ha vinto un bando sull'innovazione creativa del Comune di Bologna.

Tutta la storia è ben spiegata da Valentina Spotti su Techeconomy.it (qui l'articolo, di cui è anche l'immagine dei tweet, che io sono troppo pigro :): l'arcano era "nascosto" nel link allegato al tweet del Comune, ma nessuno si è preso la briga di cliccare prima di criticare, pubblicare, sparare a zero. Valentina si lamenta proprio di questo: la gente non clicca sui link. Anzi, il collettivo Panem et Circensem lo sapeva, e ha puntato proprio su questo per creare scompiglio sui social. E il Comune, complice, si è accodato alla provocazione.

Fin qui la premessa. Ora:

Sono d'accordo che la gggente in rete sia pigra: non verifica, non clicca sui link, non cerca su Google. Critica, condivide, si indigna al primo alito di vento, senza preoccuparsi di ciò che sta facendo.

Ma questo lo sappiamo tutti. Chiunque si occupi anche poco poco di comunicazione on line sa di questa situazione. E lamentarsene non serve a nulla.

Dire "volevo provocare e non mi hanno capito" vuol dire che hai sbagliato a comunicare. Da un canale ufficiale di un'amministrazione comunale non mi aspetto una provocazione. E se c'è, mi aspetto che me lo dica. Anzi, mi aspetto che l'amministrazione comunale mi dica che qualcun altro sta provocando. E allora ci sta.

Ognuno deve fare il suo mestiere, perché su internet chi naviga si aspetta certe cose. E queste aspettative vanno sfruttate, non combattute.

Esempio: se clicco sul logo di un sito torno alla home. Se al logo ci linko il modulo contatti e poi mi lamento dell'abbandono del sito dalla pagina dei contatti, non sto innovando: sto facendo perdere tempo ai visitatori del sito.

Un collettivo artistico fa bene a provocare. Il Comune di Bologna fa bene a riportare la notizia, ma deve chiarire la situazione. E' una provocazione. Che 140 caratteri saranno pure pochi, ma ci si possono dire tante cose...